Tiziana Troisi 15/10/2021 0

Plantlife: il giardinaggio a portata di tap

Quando sono nati i social, nessuno credeva nel loro potenziale: piano piano sono entrati a far parte delle nostre vite e hanno condizionato le nostre giornate. Molte persone nei social trovano una valvola di sfogo, un luogo non luogo dove rifugiarsi quando la realtà non è facile.

Il punto forte dei social è da ricercare sicuramente nel loro fortissimo potenziale aggregativo: all’interno di ogni piattaforma si creano sempre delle piccole nicchie di pubblico che si aggregano intorno ad uno specifico interesse.

Ti faccio subito un esempio più chiaro, per farti capire meglio di cosa stiamo parlando: prendiamo per esempio instagram. Era nato come un social da dedicare principalmente allo scatto e alla pubblicazione di foto. Con la possibilità di fare stories parlate, tutto è cambiato: in quel piccolo microcosmo si parla ormai di ogni argomento possibile: si va dalla moda, ai temi social, ai film, ai libri , alle serie tv.

Tutti parlano di tutto e intorno a influencer e microinfluencer si formano piccole community che si scambiano opinioni, interessi, conoscenze. La chiave del successo di ogni social sembra risiedere quindi nella potenza delle relazioni che si creano attraverso di esso.

Trova un interesse comune a tanta gente, trova un gruppo di persone appassionate e curiose e avrai la chiave del successo. Proprio per questo motivo, con gli anni stanno nascendo social sempre più settoriali, dedicati a piccole nicchie di pubblico.

C’è quello dedicato alla scrittura, quello dedicato ai libri, quello dedicato alla musica.

PlantLife: dai trend alle piante

Proprio nell’ottica di rintracciare prontamente i bisogni di piccole nicchie di mercato è nato è nato Plant Life: il primo social network dedicato alle piante e al giardinaggio. Nato dall’idea di un’ex esperta di Marketing e comunicazione, l’app Plantlife è il posto perfetto per chi ama le piante.

Già soprannominato da chi lo abbia provato il Tik Tok, il social di Leslie Mullins non è semplicemente il solito aggregatore: gli stessi proprietari dell’app hanno dichiarato che questa è stata creata con l’intento di provare ad eliminare la tossicità dei social network dedicando del tempo al verde.

Come funziona

Come funziona PlantLife? In effetti chi lo ha definito il tik tok delle piante non aveva tutti i torni. Ad un primo utilizzo la user experience sembra essere piuttosto simile a quella del social dei trend.

Vediamo insieme più nel dettaglio:

  • Dopo la registrazione, si visualizzerà una barra di video a scorrimento, in cui gli utenti potranno navigare semplicemente facendo swipe: in questa home però non ci saranno canzoni e balletti ma foto di piante appunto.
  • Anche se l’app non riesce ancora a riconoscerle autonomamente, è possibile inserire all’interno di ogni foto i dettagli riguardo il tipo di pianta (nome, famiglia, etc)
  • Una volta inseriti nome e info sulla tua pianta, la app comincerà a fornirti consigli sulla cura che aiuteranno a sviluppare ancora meglio il pollice verde.
  • L’app permette ad ogni membro della community di crescere: a seconda del numero di interazioni e consigli dati, ogni membro può diventare guru e fare si che i suoi contenuti vengano visti da più utenti.

 

Piante alla portata di tutti

La vera rivoluzione di questa app non sta tanto nel tema a cui è dedicata, ma nella possibilità di poterla utilizzare partendo da ogni grado di conoscenza dell’ambiente green: possono cominciare ad utilizzarla anche quelli che di piante ne sanno ben poco.

Basta fare una foto ad una pianta e caricarla per potere entrare in un mondo green e pieno di consigli utili per cominciare a trattare meglio le piante ma anche a migliorare il giardino di casa. Per chi vuole passare ad una vita più green ma non sa esattamente da che parte cominciare, la piattaforma offre anche la possibilità di partecipare a workshop a tema piante e giardinaggio per diventare man mano più consapevoli.

Come in tutte le app, anche in questa ci sono degli spazi pubblicitari: a differenza di tante app, questa rimane in tema anche quando si tratta di pubblicità: tra gli ad appaiono infatti solo riferimenti ad attività legate al giardinaggio e alla floricultura

Insomma, quest’app sembra il perfetto compromesso per chi non riesce a stare lontano dai social ma vuole utilizzarli per uno scopo preciso.

Quanto è bello portare un po’ di natura in tasca?

Per altri consigli su come utilizzare i social responsabilmente, segui il blog!

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Tiziana Troisi 11/10/2021 0

Customer Journey e coinvolgimento in tempo reale: esserci sempre per il cliente 

 

La rete ha cambiato per sempre la vita: è inutile provare a negarlo. È cambiato il modo di concepire il tempo e le sue regole, è cambiato il l’approccio alle cose della vita in generale: si vuole tutto e subito, non si ha più la pazienza di aspettare, di prendersi il tempo per capire come stanno davvero le cose.  

La fretta ha condizionato tutti i modi di agire e di conseguenza anche lo studio dei comportamenti umani. È cambiato anche il modo in cui il marketing cerca di capire i gusti del cliente, conquistandolo e creando con lui un legame.  

Cosa è cambiato di preciso? Te lo spieghiamo subito. Solitamente, soprattutto per quanto riguarda gli acquisti online, le aziende riescono a tracciare il cosiddetto customer journey, cioè il percorso che fa il cliente prima di acquistare un prodotto.  

Customer Journey: le fasi dell’acquisto  

Solitamente il percorso comprende varie fasi: 

Fase zero: è quella forse più importante per chi si occupa di marketing. È il momento zero verità: quello in cui il cliente approda alla rete nutrendo ancora qualche dubbio su quale prodotto acquistare. Inizia ricerche per confrontare prezzi ed opinioni riguardo ad un prodotto che sia adatto alle sue esigenze. È qui che il marketing deve agire prontamente per convincere il cliente a scegliere il proprio prodotto 

Nella seconda fase del suo viaggio, il cliente seleziona il sito dal quale vorrebbe acquistare, guarda un po’ le recensioni di chi ha già acquistato il prodotto 

La terza fase è quella dell’acquisto 

La quarta fase è quella che riguarda il post acquisto: il cliente da feedback sulla sua esperienza con il prodotto, chiedendo magari un aiuto al servizio clienti in caso gli sia necessario.  

 Analizzando bene ogni fase, risulta chiaro che fino ad ora il cliente riusciva ad essere abbastanza autonomo nelle sue scelte e nei suoi acquisti. Anche nel caso non lo fosse, il cliente cerca da solo le informazioni che gli sono utili per ultimare lo shopping.  

Conosci bene il tuo cliente  

Il customer journey fino ad ora è sembrato un percorso piuttosto lineare, che solo nell’ultima fase prevedeva un contatto diretto con l’azienda e il brand. Prima, il percorso dello shopping online era piuttosto lungo, oltre che lineare. Si è vero, bastava un click per fare un acquisto, ma il momento della ricerca di informazioni era la cosa più importante.  

Se sei un professionista del marketing ho una notizia per te: oggi non è più cosi. Il  customer journey non è più lineare né tantomeno autonomo: il cliente che decide di acquistare un determinato prodotto ne vuole uno perfetto per le sue esigenze senza perdere nemmeno troppo tempo a fare ricerche in rete.  

Cerca il contatto diretto con l’azienda fin da subito (anche quando è appena arrivato sul sito e sta ancora guardando i prodotti). Oggi tutti vogliono sentirsi speciali ed unici, vogliono offerte personalizzate, sconti speciali ed assistenza continua. 

Va da sé che il lavoro di chi si occupa di marketing, ma anche quello degli addetti all’assistenza clienti, è diventato molto più articolato e complicato.  

Il cliente che decide di acquistare online, di fatto, vuole essere coinvolto e convinto all’acquisto in tempo reale. Ti faccio un esempio: immagina di stare parlando con qualcuno ad una festa. Ti senti coinvolto e il tuo discorso procede a vele spiegate, fai attenzione a tutti gli aspetti di quella conversazione, anche a quelli non verbali. È cosi che il cliente si vuole sentire coinvolto: come se stesse parlando con un vecchio amico, qualcuno che lo conosca bene e che lo capisca anche senza parlare.  

Le operazioni di marketing devono quindi prevedere un percorso di coinvolgimento continuo che parta dal primo contatto e prosegua fino all’assistenza post- vendita.  

Customer Journey e coinvolgimento: ecco come fare  

Come fare coinvolgimento in tempo reale? Ecco qualche consiglio:  

Risposta velocissima: cerca di tenere sempre attivo un servizio di assistenza che sappia rispondere anche alle domande più ovvie.  

Ottimizzazione multicanale: le aziende devono essere presenti ovunque e sempre, avendo sempre la risposta pronta e la soluzione a portata di mano. Il segreto è creare una rete multicanale che sia ben funzionante.  

Studia meglio il cliente attraverso i dati: non ti basta più avere un nome un cognome ed un indirizzo email: devi conoscere hobby passioni e tanto altro di ogni cliente, per offrirgli un servizio pensato apposta per lui.  

Mentre pensi a come fare amicizia con i clienti, continua a seguire il blog per altri consigli.  

 

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Tiziana Troisi 13/09/2021 0

Marketing tradizionale e marketing non convenzionale. Quali differenze?

Internet ha reso il marketing una materia ancora più complessa. Le nuove tecnologie hanno fatto sì che si moltiplicassero le strategie di vendita possibili. Così, accanto ai canali tradizionali, sono nati mezzi alternativi che hanno dato vita al cosiddetto “marketing non convenzionale”. Ma cos’è il marketing “convenzionale”? Si tratta di tutte quelle strategie di vendita tradizionali con le quali abbiamo convissuto fino a qualche decennio fa. La loro storia è strettamente connessa agli “old” media, leggiamo come…

Marketing convenzionale cos’è

Il marketing convenzionale è legato, come abbiamo detto, al mezzo utilizzato per diffondere il messaggio di vendita. Tv, radio, stampa, volantinaggio, cartellonistica ma anche fiere, sponsorizzazioni, porta a porta. Tutti i media tradizionali sono i canali ideali del marketing convenzionale che è legato ad una concezione della pubblicità anni ’60, data di nascita della pubblicità moderna. Si tratta di un tipo di comunicazione unidirezionale in cui il cliente è un semplice destinatario del messaggio. “Il marketing tradizionale è il processo di analisi, pianificazione, realizzazione e controllo delle decisioni riguardanti il prodotto, il prezzo, la promozione e la comunicazione al fine di creare scambi che consentano di conseguire gli obiettivi di individui e organizzazioni”. A dare questa definizione è stata la American Marketing Association nel 1988. Il paradigma delle 4P (Product, Price, Place, Promotion), considera il cliente come il target delle azioni di marketing volte a soddisfarne i desideri e i bisogni. 

Definiamo il marketing non convenzionale

Andando avanti nella nostra analisi della dicotomia marketing convenzionale e marketing non convenzionale, dobbiamo provare a definire quest’ultima strategia. Facendo ricorso a quella fornita da GlossarioMarketing.it  possiamo dire che “nel marketing non convenzionale rientra ogni azione promozionale che prevede l’impiego di soluzioni alternative, e generalmente anche più economiche, rispetto alla classica pubblicità tabellare che contraddistingue il mass marketing”. In questa descrizione si contrappongono le tecniche di vendita tradizionali alle nuove anche dal punto di vista economico. Nel corso degli anni ’80, con la nascita delle tv commerciali, l’azienda inserzionista doveva, infatti, confrontarsi con i concessionari discutendo di cifre sempre più alte. Il web ha cambiato completamente le carte in tavola fornendo strumenti e canali alternativi a disposizione di tutti. Grandi e piccole imprese. Non servono dunque grandi budget per una strategia di marketing non convenzionale, bensì tanta creatività!

Marketing non convenzionale, alcuni esempi

Tra le strategie di vendita “non convenzionali” che potremmo portare ad esempio ci sono:

  • Il viral marketing
  • Il guerrilla marketing
  • Il buzz marketing
  • L’influencer marketing

Il marketing virale è una strategia di vendita basata su tecniche di comunicazione innovative che presenta i prodotti al pubblico in maniera alternativa. Si tratta di un tipo di marketing in cui il messaggio di vendita prevede un andamento “esponenziale”. Video e immagini di impatto, infatti, si diffondono in maniera massiccia facendo leva soprattutto sulle emozioni.

Il guerrilla marketing mette insieme diverse forme di marketing per arrivare al cliente in maniera, appunto, “non convenzionale”. Questa strategia ha molteplici ed infinite manifestazioni, per cui dare una definizione univoca può essere riduttivo. “L’investimento maggiore nel guerrilla marketing si basa sul tempo, l’energia, l’immaginazione e le informazioni anziché sul denaro” scriveva Jay Conard Levinson. Installazioni e performance possono essere alcuni esempi di questa strategia.

Fare Buzz marketing, invece, significa innescare un passaparola sul web perché si crei attesa, curiosità, interesse. Video teaser ed unboxing sono alcune espressioni di questo “buzz” del web. Spesso ad innescare il passaparola è proprio un influencer.

L’Influencer marketing, infatti, è una forma di marketing che si basa sull’identificazione di figure in grado di generare influenza sugli utenti. I post, le foto su instagram e le stories, sono i contenuti più utilizzati da questi personaggi per promuovere brand e aziende dietro compenso.

 

Marketing convenzionale e marketing non convenzionale, scopriamo di più

Leggendo di marketing convenzionale e marketing non convenzionale c’è una tecnica che ti ha particolarmente incuriosito? Continua a seguire il nostro blog per leggere articoli sempre aggiornati sull’argomento.  Proponici tu il tema del prossimo post nei commenti!

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Tiziana Troisi 05/08/2021 0

Marketing e storytelling: il racconto che fa vendere

Ti piace leggere? Se si, ti sei mai chiesto come mai leggi cosi tanto? Forse questa risposta non vale per tutti ma noi crediamo di sapere perché: l’essere umano ha bisogno di storie, per capire meglio il mondo è gestire al meglio le proprie emozioni.

Se ci pensi bene, è da quando siamo piccoli che per addolcire il nostro sonno ci vieni raccontata la favola della buona notte.

La verità è che le storie, quelle che leggiamo, quelle che ci vengono raccontate da bambini, sono utili per crescere e capire come va il mondo.

Storytelling: l’importanza delle emozioni nel marketing

Ecco perché leggere è bellissimo: dà la possibilità di esplorare altri mondi, di vivere mille vite diverse, di conoscere altri valori e modi di pensare. Ma la cosa più importante di quando leggiamo o ascoltiamo certe storie è sicuramente questa: l’emozione.

Ascoltare o leggere storie ci emoziona. Quante volte guardando un film hai pianto tantissimo? Eppure quel film lo hai visto milioni di volte, ma il finale ti fa sciogliere sempre in un fiume di lacrime. È per questo che ti piacciono le storie: hai bisogno di immedesimarti, di emozionarti, di dare sfogo a tutto quello che provi senza vergogna.

Siamo umani, sono proprio le emozioni a guidare ogni nostra scelta: scegli quel lavoro perché ti fa sentire felice, sposi il tuo compagno perché ne sei innamorato/a.  

Nella vita, le scelte più importanti sono fatte con il cuore, seguendo le emozioni. Ecco perché anche nel marketing, da un po’ di tempo a questa parte, sono le emozioni e le storie a farla da padrone.

I grandi brand hanno capito che per vendere non basta più fare pubblicità spettacolari, magari piene di effetti speciali, o con motivetti che restano prepotentemente in testa. Per vendere un prodotto c’è bisogno di raccontare chi è, da dove viene, come è nato. Insomma: c’è da raccontare la storia che si nasconde dietro a quel prodotto.

Il marketing storytelling è proprio questo: le operazioni di marketing che servono per dare la possibilità al pubblico di conoscere il brand e i prodotti venduti attraverso il racconto di una storia. Fare corporate storytelling non è cosi immediato come si possa pensare.

Storytelling: cosa raccontare a chi

Prima di raccontare una storia, proprio come succede ai grandi scrittori, bisogna avere chiari diversi punti:

quali valori vuoi trasmettere?

Non basta una storia qualunque: ogni brand deve essere sicuro che quello che sta per raccontare sia in linea con i valori che la sua azienda ha deciso di trasmettere al pubblico

Target

Il target è importantissimo. Lo è in  ogni aspetto delle operazioni di marketing e lo è anche nello storytelling: sapere precisamente a chi ci si sta rivolgendo è fondamentale per capire che tipo di linguaggio utilizzare, quale stile visivo scegliere e tanti piccoli particolari utili per fare breccia nel cuore del pubblico giusto.

Se per esempio il target di un brand è la generazione Z, fare un’operazione di storytelling puntando sulla nostalgia degli anni 90, sicuramente non funzionerà.

Oltre che questi aspetti, sicuramente da non sottovalutare, ci sono anche altre variabili di cui tenere conto quando si decide di affidarsi alla tecnica dello storytelling.
Più di tutto le attenzioni di un brand devono concentrarsi sulla qualità della storia che sta decidendo di raccontare.

Raccontare una storia che funzioni

Come far funzionare un buon contenuto di storytelling?

Ecco alcuni aspetti da curare se vuoi creare uno storytelling che funzioni davvero:

racconto avvincente: anche in un solo minuto, la storia che decidi di raccontare deve essere avvincente: immagina un  piccolo video che faccia smettere chi lo vede di fare qualsiasi attività stesse facendo, solo per vedere di cosa si tratta. Ecco: se quella piccola storia cattura la tua attenzione, lo storytelling ha funzionato.

Conoscenza del contesto: hai mai provato a guardare uno spot pensato per un Paese che non sia il tuo? In rete se ne trovano tantissimi, soprattutto di quelli dedicati ai paesi asiatici. Bene, sicuramente, se hai provato a guardarli ti sarai reso conto di non capirli.

Questo perché, per uno spot che funzioni, bisogna tener conto del contesto culturale on cui lo spot stesso si inserisce. Bisogna studiare il proprio pubblico non solo dal punto di vista delle scelte d’acquisto, ma anche rispetto agli aspetti antropologici, culturali e sociali.

Verosimiglianza: collegandoci all’aspetto analizzato sopra, è anche importante che quanto raccontato sia abbastanza credibile da permettere allo spettatore di immedesimarsi. Non è un caso se a fare successo sono le storie di gente comune.

E tu, quale storia vorresti raccontare? Mentre ci pensi, leggi il nostro blog!

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Gabriella Avallone 30/07/2021 0

Errori comuni nelle strategie social

Può capitare ai brand, alle aziende e alle persone di commettere ripetutamente azioni dannose per le loro comunicazioni tramite social. Tutto questo susseguirsi di errori rischia di compromettere la loro immagine e di farli rientrare in un circolo dannoso.

 Capiamo quindi cosa non va fatto sui social.

 

7 Errori Comuni nelle Strategie Social

 

1)    Postare Troppo

Postare troppi post e troppo spesso non aiuterà il nostro profilo a crescere ma darà la sensazione di non aver studiato contenuti di qualità;

 

2)    Adattare i contenuti a seconda della strategia social

Se vogliamo impegnarci in una strategia social è bene sapere che ognuno dei social è diverso dall’altro, bisogna pertanto cercare di adattare i contenuti alle caratteristiche della piattaforma in questione. Non è necessario pertanto ricondividere lo stesso post su tutte le piattaforme, perché a seconda di quale si decide di usare il contenuto va riadattato;

 

 

3)    Puntare esclusivamente alla vendita

Le persone odiano essere bombardate da pubblicità, non piace a nessuno. I social servono come vetrina di ciò di cui ci occupiamo, cosa offriamo ma servono anche a farci conoscere nel retroscena del brand. Parlare quindi della storia, della mission, di come si decide di impostare il lavoro e molto altro è un modo sano di far conoscere il brand senza dare l’impressione di elemosinare acquisti;

 

4)    Non essere unidirezionali

 I social servono proprio alla condivisione e all’interazione, non bisogna mai dimenticare questo passaggio. Se a differenza dei canali più tradizionali di comunicazione, dove la comunicazione era unidirezionale, qui abbiamo la possibilità di mantenere sempre attiva la conversazione con i nostri utenti. Una mossa strategica che ci farà notare sia come molto presenti, chiari e sinceri e che offrirà anche la possibilità di ottenere continui feedback sui nostri prodotti, fondamentale aspetto delle vendite;

 

 

5)    La mancata interazione

Come detto anche al punto 4 bisogna riuscire a sfruttare al meglio l’interazione tramite canali social, rispondendo ai commenti, messaggi privati, assistendo gli utenti in qualsiasi richiesta o dubbio. Questo aiuterà anche il profilo a crescere, si genereranno così più interazioni anche tramite le storie, attraverso domande e quiz;

 

6)    Importanza ai contenuti

Prima di pubblicare qualsiasi cosa andrebbe stilato un piano editoriale, con tutti i contenuti veicolati ed ottimizzati per ogni singola determinata piattaforma;

 

 

7)    Analizzare i dati ottenuti

     Questo aspetto viene spesso sottovalutato ma attraverso l’ausilio di un profilo aziendale, possiamo avere accesso a molti dati statistici relativi ai nostri post, quindi perché non sfruttarli? L’analisi andrebbe fatta periodicamente così da riuscire ad ottimizzare continuamente la strategia social.

 

Trovi che questo articolo sia stato utile? Per altre curiosità scrivici nei commenti.

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