Cosa vendono davvero i brand?
Oggi analizzeremo alcuni dei brand più famosi al mondo per vedere qual è realmente l’idea che vendono.
Gabriella Avallone 23/07/2021 0
Marketing Emozionale: ecco cosa vendono davvero i brand
Perché mai qualcuno dovrebbe acquistare una felpa al triplo del prezzo su mercato solo per via del logo inciso sopra? Quello che le persone comprano non è quella scritta ma il messaggio, l’ideologia, l’attitude che nel tempo il brand ha voluto emanare.
Ogni responsabile marketing sa che il marketing emozionale di qualità porta i suoi frutti. I veri professionisti tendono spesso a focalizzarsi sulle conversioni, le impressions ed il tasso di rimbalzi dimenticandosi l’aspetto emozionale della pubblicità. Ma l’aspetto emozionale è fondamentale se vogliamo garantirci un posto nell’immaginario e nel cuore dei consumatori.
Se hai un brand infatti decidi di non vendere prodotti ma emozioni.
I brand dovrebbero entrare in contatto emozionalmente con i consumatori, solo in questo modo riusciranno a trasmettere i loro sentimenti e le reali mission del brand in questione.
Inoltre ciò aiuterebbe anche a raggiungere grandi numeri, a dimostrazione di ciò lo studio condotto dall’Università del Sud della California è stato dimostrato che:
- la felicità è sinonimo di più shares: le emozioni positive tendono l’essere umano a condividere, retweettare e menzionare gli amici rispetto ai post che trasmettono sentimenti negativi;
- La tristezza genera più clicks: è stato dimostrato che le parole con connotazioni negative spingono gli utenti a migliori tassi di click.
Ma esistono miriadi di emozioni da poter trasmettere ai consumatori ed i brand che utilizzano questo tipo di approccio emozionale sono davvero tanti.
I brand che utilizzano il marketing emozionale:
Rolex non vende orologi ma potere, successo, esclusività;
Coca Cola vende bevande ma felicità e condivisione;
Jeep non vende automobili ma avventura e libertà;
Nike non vende abbigliamento ma motivazione, ispirazione, dinamicità;
Amazon non vende di tutto ma la comodità;
McDonald non vende solo cibi ma velocità;
Ikea non vende solo mobili ma l’idea di casa e l’idea di condivisione nel costruirla insieme.
E tu ci avevi mai pensato?
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Gabriella Avallone 11/01/2021
Come definire una strategia per l’impresa online: il piano operativo
Perché è importante avere una strategia?
Siccome un’azienda ha degli obiettivi di business da perseguire, non può permettersi di intraprendere il percorso operativo come un’avventura. La sua presenza online, ad esempio, deve necessariamente essere pianificata nei minimi dettagli.
La strategia
Partiamo col chiarire che cos’è una strategia online.
È l’insieme di scelte e linee guida in cui ci si chiede:
- Che ruolo ha il marketing online per il raggiungimento degli obiettivi di business;
- In quali mercati geografici vuole essere presente l’impresa;
- Quali tipologie di clienti vuole raggiungere.
I vantaggi
Continuiamo per capire quali sono i vantaggi del marketing online. Sicuramente un’azienda che decide di investire nel digitale avrà opportunità quali:
- Integrare e supportare il marketing dell’azienda con attività di comunicazione online;
- Essere più competitiva sfruttando il digitale per il raggiungimento degli obiettivi di business;
- Allinearsi a quelle che sono le scelte di altre aziende e persone.
Gli obiettivi
Quali sono allora gli obiettivi da tener conto per pianificare la strategia d’impresa online
Tra i numerosi obiettivi, come già citati nei precedenti articoli a riguardo, come:
raccogliere informazioni online; farsi conoscere; valorizzare il proprio brand; fare education; generare lead; accrescere le vendite e offrire un’esperienza d’acquisto quanto più soddisfacente possibile.
A tutti questi si aggiunge l’obiettivo di Aumentare la Brand Awareness, ovvero porsi un obiettivo in termini numerici di raggiungimento. Un esempio per misurare questo aspetto potrebbe essere “lo raggiungo se questo mese almeno 25, tra siti, post, blog, citazioni ecc, citano il mio brand.
Le Persone
Per stilare un piano operativo che si rispetti c’è bisogno di identificare le persone a cui è diretto il nostro business, la nostra strategia o il nostro messaggio. Nel precedente articolo “Chi è il Buyer Persona e perchè è così importante" , viene spiegato a chi ci si riferisce utilizzando questa accezione, si tratta naturalmente di creare l’identikit del cliente tipo e in questo link vedrai come si realizza.
I Competitor
Ogni strategia viene studiata sulla base di indagini di mercato. Deve tener conto dello scenario di mercato in cui si sta muovendo e dei concorrenti e le loro strategie.
Dello scenario esterno vanno analizzati i fattori di opportunità e di rischio per l’azienda, oltre ai punti di forza e di debolezza. In modo tale che niente possa rallentare un domani il proprio business.
Per quanto riguarda i competitor, bisogna capire se sono diretti o indiretti e quali sono i più “forti”. Vanno analizzate le strategie che usano online ed offline.
Il piano operativo
È il documento che racchiude il programma in cui vengono indicate le scelte e le azioni che definiscono la strategia. Il piano quindi indicherà in primo luogo la descrizione dell’impresa, con la strategia che intende seguire e gli obiettivi che vuole raggiungere. Attraverso quali azioni, come campagne che verranno attivate durante l’anno.
Una volta indicate le campagne si procede ad indicare gli strumenti di marketing online che si vogliono impiegare come: campagne di advertising su Facebook o Instagram; SEO (Search Engine Optimization); mail marketing.
Altro strumento fondamentale è il calendario in cui saranno appuntate e ricordate le diverse attività. I KPI (Key Performance Indicators) misureranno le singole attività.
Per completare il piano operativo saranno indicate, all’interno del documento, anche le persone interne o esterne all’impresa che ne saranno responsabili, con la rispettiva divisione dei compiti.
Ultimo ma non ultimo il budget che si intende dedicare alle diverse iniziative.
Se un piano operativo sarà buono, sicuramente il suo programma sarà chiaro, ambizioso ma realizzabile. Visivamente sarà arricchito da grafici e tabelle, inseriti in una presentazione lineare. È preferibile che vi siano commenti ed osservazioni e che il documento tenga effettivamente conto delle possibilità di realizzazione da parte dell’impresa in questione.
Questo articolo ti è stato d'aiuto? Scrivilo nei commenti.
Tiziana Troisi 03/12/2020
Che cos’è la SEM?
Come molti altri acronimi del marketing, SEM è una parola che ritroviamo spesso sul web. Nella maggior parte di casi si associa a quella di SEO, Search Engine Optimization. Perché questa correlazione?
Intanto perché entrambe le sigle si riferiscono all’ambito dei Search Engine, ritroviamo infatti le due prime lettere in comune. Si tratta cioè di due tecniche accomunate dal campo di azione: i motori di ricerca.
Mentre nel primo caso ci riferiamo alle operazioni di ottimizzazione di siti o testi per favorirne l’indicizzazione da parte dei motori di ricerca, nel secondo parliamo di tecniche di marketing messe in campo a questo scopo.
Approfondiamo in questo articolo cosa è la SEM e soprattutto a quali tecniche fa riferimento.
Che cos’è la SEM
“Il search engine marketing (SEM) è l’insieme delle attività di web marketing svolte per aumentare la visibilità e la rintracciabilità di un sito web con l'uso dei motori di ricerca”. Definizione Wikipedia.
Con la SEM, insomma, si mettono in pratica diverse strategie di web marketing, come la differenziazione nei motori di ricerca, ma se ne valutano anche i ritorni grazie agli strumenti di web analysis.
Scuramente la SEM rientra nel grande contenitore del web marketing, ed anche essa ha lo scopo di intercettare i bisogni degli utenti attraverso le loro ricerche sui motori come Google.
Non hanno solo questo in comune ma anche alcuni aspetti tecnici ovvero obiettivi, piano di marketing e individuazione ed implementazione di azioni adeguate sui motori.
Obiettivi della SEM
Perché qualcuno, aziende, brand etc. dovrebbe ricorrere alla SEM? Intanto per farsi conoscere e poi soprattutto per vendere. Fare SEM significa anche fare ricorso agli strumenti di advertising messi a disposizione dai motori di ricerca come Google. Ne è un esempio la pubblicità PPC, il cliente paga l'annuncio solo quando un utente clicca sul link, a cui si collegano alcuni parametri:
- CPA: acronimo di Cost per action. È il costo medio di un annuncio pubblicitario quando viene effettuata un'azione specifica. Un dato che può aiutarvi a capire l'impatto economico della campagna di marketing dell’azienda.
- CPC (cost-per-click) ovvero il costo effettivo di ogni click in una campagna di marketing PPC. Capire quale è il CPC dell’annuncio può aiutare l’azienda a sapere quanto investire in un'offerta.
Quali sono però gli obiettivi della SEM? Potremmo riassumerli così:
- Lead generation
- Conversione
- Benchmarking online
- Online branding
- Brand monitoring
Analizziamoli uno ad uno brevemente.
SEM per lead generation
Generare lead significa ottenere un contatto da parte di utenti in linea con il target dell’azienda. In parole povere lo scopo della lead generation è quello di intercettare l’utente veramente qualificato e motivato all'acquisto. Come? A partire da quello che ricerca on line.
Saranno, infatti, i suoi interessi a permettere una profilazione dell’utente che sarà invitato a compiere un’azione come l’iscrizione al sito.
La conversione
L’obiettivo finale di tutte le aziende è quello di vendere beni o servizi. In termini di web marketing viene definito conversione. La SEM con obiettivo conversione è quella tipica degli e-commerce o dei comparatori di prezzo che hanno come call to action proprio la vendita. Per intenderci si tratta di tutti quegli annunci in cui compare il link/bottone “Acquista ora”.
Benchmarking online
In economia con il termine benchmarking si intende il metodo di confronto sistematico che permette alle aziende di confrontarsi con le migliori aziende dello stesso settore per apprendere da queste e migliorare.
Come si traduce tutto questo? In uno studio accurato dello scenario competitivo sui motori di ricerca: saturazione del canale, tipo di contenuti proposti etc.
Online branding
Il branding è l’attività atta a aumentare la notorietà della marca presidiando i risultati dei motori di ricerca. Questo non sempre ha a che vedere con la conversione, anzi quasi mai.
L’intento è, infatti, entrare nella mente dell’utente, nei suoi pensieri, nelle sue associazioni mentali ed anche di coinvolgerli nel sistema valoriale della marca.
Brand monitoring
Le grandi aziende mettono in campo periodicamente tecniche di SEM per verificare la propria reputation e la percezione del brand on line. Il brand monitoring, quindi, può essere definito come il monitoraggio periodico del sentiment intorno alla marca nei risultati dei motori di ricerca.
SEM in conclusione
In conclusione è necessario chiarire alcuni aspetti important:i SEO e SEM non viaggiano su due binari paralleli bensì si tratta di tecniche che si supportano vicendevolmente. Non solo, la SEA, il Serch Engine Advertising è parte integrante della SEM.
Approfondiremo nei prossimi post questi aspetti che fanno parte del gigantesco mondo del web marketing!
Tiziana Troisi 19/03/2021
Co-marketing: quando l’unione fa la forza
Le abbiamo comprate tutti almeno una volta nella vita, a costo di sembrare infantili, fregandocene. Se il nostro brand di vestiti preferito comincia a realizzare magliette a tema Disney dovete averle. Sapete che dietro la decisione di realizzare prodotti utilizzando altri brand ci sono delle operazioni di marketing molto più complesse di quanto possa sembrare?
Ecco cos’è il co-marketing e come funziona: si definisce co-marketing l’accordo secondo cui due o più brand attivano una collaborazione per un limitato periodo di tempo. A differenza della partnership, nel co-branding infatti il legame istaurato tra due brand ha un fine preciso ed è limitato nel tempo. Se volessimo fare un esempio pratico riferendoci alla quotidianità, potremmo parlare di uno scambio di favori: se chiediamo un favore a qualcuno, scambiamo con quella persona solo le informazioni utili allo scambio. A favore fatto, il rapporto si interrompe. Ecco il co- marketing funziona proprio cosi: le aziende condividono lo stretto indispensabile per un periodo limitato.
Tipi di co-marketing
Come ogni operazione di marketing, anche il co-marketing può toccare diversi livelli della realizzazione di un prodotto. Ecco quali sono i diversi livelli su cui si possono realizzare azioni di co-marketing:
- Co- marketing di prodotto: succede quando due brand si uniscono per creare un nuovo prodotto. In America, per esempio, la diet coke è stata promossa con l’aiuto di un brand specializzato in bevande e prodotti fit.
- Co-marketing di promozione: un brand che aiuta un altro brand a promuovere il suo ultimo prodotto, magari offrendo gadget in omaggio. Avete presente quando da piccoli (ma forse anche ora) correvamo da Mc Donald’s per arraffare prima di tutti l’ultima sorpresa dell’ happy meal a tema Disney? Ecco: quello è co-marketing di promozione.
- Co marketing di distribuzione : è il tipo di co-marketing che permette ad un’azienda di distribuire i propri prodotti negli spazi di cui è proprietario un altro brand. Spesso, questo tipo di co-marketing è realizzato attraverso le affiliazioni sui siti internet, o attività di content marketing (articoli blog che consigliano quel prodotto). Anche se può sembrare un’operazione poco incisiva sulle scelte d’acquisto dei clienti finali, non è assolutamente cosi: ogni associazione lascia nel nostro cervello una traccia mnemonica, un ricordo della marca che si rivela decisivo quando poi ci tocca scegliere un prodotto. Dopo aver lasciato un ricordo attraverso la rete, i prodotti consigliati vengono poi anche proposti al cliente finale. È il caso di negozi di elettronica che propongono la stipula di ulteriori assicurazioni sul prodotto.
- Co marketing di prezzo: si verifica quando due brand che creano prodotti complementari tra loro scelgono di offrirli al cliente finale ad un prezzo vantaggioso. Ne sono un esempio lampante le campagne di bundling realizzate dai produttori di videogiochi. Nintendo, per esempio, in occasione dell’uscita di un nuovo Animal Crossing, ha realizzato per i suoi fan un’esclusiva versione dell’amata Nintendo Switch. La console personalizzata era venduta insieme alla versione digitale del nuovo videogioco.
Co-branding: come nascono nuovi prodotti
C’è poi un altro modo di fare co- marketing che merita un po’ più di attenzione: parliamo di co-branding. Si parla di co-branding quando due aziende si uniscono per immettere sul mercato un nuovo prodotto realizzato unendo i due prodotti di partenza.
Non più due prodotti commercializzati insieme, ma un prodotto nuovo ed esclusivo. Ecco qualche esempio concreto per capire meglio di cosa stiamo parlando:
Philadelphia e Milka
La combinazione di dolce e salato vince sempre: sarà questo quello che avranno pensato i due brand quando hanno creato questo autentico guilty pleasure. Un vasetto di formaggio spalmabile al gusto di cioccolato Milka, perfetto per chi vuole lasciarsi andare a piccoli peccati di gola. Con il cibo buono, non si sbaglia mai.
Red Bull e Go-pro
Si sa, chi fa sport ha bisogno di energia. Certe imprese, poi, vanno immortalate. Ecco perché, l’operazione di co-branding realizzata tra i Red Bull e Go-pro ha funzionato cosi bene. Contenuti digitali, video e foto pieni di energia e vitalità: immagini perfette anche se in pieno movimento. Proprio quello che ogni sportivo ha sempre desiderato.
Android Kit Kat
Perché no? Si può fare co-branding anche attraverso il naming. È quello che è successo quando Google, in accordo con Nestlè ha chiamato il nuovo aggiornamento del suo sistema operativo come il noto stick di cioccolato. Anche se il noto motore di ricerca ha sempre dimostrato di amare i dolci, non aveva mai utilizzato un marchio registrato. Un accordo segreto fino all’ultimo, che la Nestlè ha siglato con l’obbiettivo di aumentare la sua brand awareness. Dite la verità, non vi è venuta già fame?
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