Food Marketing: 5 storie di goloso successo

Come promuovere il cibo on line

Tiziana Troisi 18/02/2022 0

Ammettilo: cerchi sempre di mantenere la linea, di non mangiare troppe schifezze. Capita a volte che la voglia di cibo sia troppo forte, e allora l’unica soluzione è sbirciare il tuo account Instagram in cerca di foto che siano abbastanza #foodporn.

Già, perché se c’è una cosa che il social delle foto ha insegnato a fare è apprezzare le immagini di cibo buono e godereccio: foto di panini super imbottiti giungono dagli account dei pub della zona, pizze dalle accoppiate assai improbabili sembrano improvvisamente la cosa più buona che tu possa assaggiare.

La verità è che ormai a guidarci verso nuovi posti da provare non sono più le recensioni su siti specializzati quali possono essere Trip Advisor o The Fork. Oggi, per scegliere se andare o meno in un locale, si cerca il suo account social.

Se è vero che il senso principale collegato al cibo è il gusto, è anche vero che l’occhio vuole la sua parte. Un piatto presentato bene diventa decisamente più appetitoso.

L’emozione del buon cibo

Ecco perché fare food marketing se si ha un’attività di ristorazione o più semplicemente vuoi far diventare la tua passione per la cucina in qualcosa di più concreto, è fondamentale.

È importante riuscire, anche solo attraverso qualche immagine, a raccontare la storia che c’è dietro l’attività che stai promuovendo. Ai clienti, oggi, non basta più che il cibo sia buono e il logo accattivante: vogliono conoscerti, sapere chi sei, sapere che cosa ti ha portato fino a lì, vedere la passione che ci hai messo.

La chiave per fare un’operazione di food marketing che funzioni davvero non sono le foto, ma è la passione e la voglia che si dimostra. Chi decide di dedicarsi al food marketing deve prima di tutto avere qualcosa da raccontare e poi trovare il modo di raccontarsi al meglio.

Food Marketing: 5 storie di successo

Per farti capire meglio di cosa stiamo parlando, abbiamo deciso di raccontarti 5 storie di persone (o attività) che ce l’hanno fatta e attraverso il food marketing sono riuscite a raccontare una storia che ha conquistato tantissimi clienti.

Puok Burger: non è gourmet è puok

La prima storia che abbiamo deciso di raccontarvi è squisitamente campana, più precisamente viene da Napoli. Stiamo parlando di Puok, la paninoteca d’asporto creata da Egidio Cerrone. La storia di Egidio inizia qualche anno prima dell’apertura del locale quando, data la sua passione per il cibo, decide di raccontare le sue avventure culinarie in un blog.

Egidio gira la Campania alla ricerca di sapori sempre nuovi, ma allo stesso tempo casalinghi, che lo riportino all’atmosfera che respirava da bambino, quando le nonne, con pochissimi ingredienti tradizionali, realizzavano piatti strepitosi.

I suoi racconti sono pregni di storia e tradizione napoletana, con quel pizzico di nostalgia che tanto conquista le nuove generazioni. Queste stesse atmosfere si respirano oggi quando si sceglie di mangiare uno dei suoi panini.

Tradizione innovazione e aria di famiglia hanno fatto di Puok Burger una delle realtà più instagrammabili di Napoli.

 

La pizza di Porzio: s’adda sape fa

Un’ altra storia di Food Marketing fatto bene, sempre proveniente da Napoli, ci porta invece nel mondo della pizza. Stiamo parlando di Enrico Porzio, il pizzaiolo più famoso di Tik Tok. I suoi video in cui mostra il procedimento delle pizze realizzate con una “cottura lenta, docile, mai aggressiva “, sono un modo molto intelligente di avvicinarsi ai clienti e creare un legame con loro.

Come dice Enrico, il food marketing è come la pizza: s’addà sape fa (devi saperlo fare).

Domino’s Pizza

Ci spostiamo oltre oceano per raccontarti la grande storia di Domino’s Pizza: la catena di pizzerie di fama mondiale era molto conosciuta per la qualità del suo servizio di food delivery ma le opinioni rispetto alla qualità del cibo erano piuttosto basse. Il CEO decide di  creare un documentario dove si mostrasse la realizzazione delle pizze e i prodotti utilizzati per le stesse.  Il brand ha guadagnato, da allora, quasi il 10% in più.

Chobani

Per chi ama il dolce, il feed perfetto da guardare per rifarsi gli occhi è sicuramente quello di Chobani, yogurteria made in USA che ha fatto del colore e della creatività un vero e proprio marchio di fabbrica. Colori decisi, foto perfette. Questo account fa amare lo yogurt proprio a tutti.

Foodscovery  

Un network di piccoli produttori che presentano prodotti naturali e genuini e danno anche la possibilità di acquistarli.

È foodscovery, un vero e proprio mercato online che focalizza la propria attenzione sui piccoli produttori trasformandoli in quello che sono davvero: eroi del food!

E tu, sei pronto a rifarti gli occhi (e la bocca) c’on il food marketing?

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Paola Palmieri 18/12/2020

I colori nel marketing: il potere della comunicazione

Se hai sempre pensato che i colori scelti dai brand fossero casuali, con la lettura del nostro articolo ti ricrederai. Dietro ciascun colore, infatti, si cela un significato ben preciso e la psicologia è pronta a spiegarcelo. Ogni colore rimanda delle sensazioni al nostro cervello e il fatto di usarne uno piuttosto che un altro cambia la percezione da parte dell’utente. 

Diviene fondamentale quindi affidarsi ad un colore per la nostra strategia di marketing e questo per varie ragioni. Vediamole insieme. 

La giusta strategia dei colori

Il colore ci aiuta ad ottenere dei risultati piuttosto che altri e questo lo possiamo verificare noi stessi nella realtà quotidiana. Per dare un alert, ad esempio, che colore ti viene in mente? Hai mai visto uno stop verde? È proprio con i colori che si gioca l’efficacia della tua comunicazione, vediamo perché. 

1. Se stai creando una tua identità di brand

2. Se l’obiettivo è far compiere un’azione all’utente

3. Se vuoi veicolare, infine, un preciso messaggio.

Quando si parla di brand l'obiettivo è quello di essere chiaramente riconoscibili e i ricercatori, a tal proposito, hanno condotto uno studio intitolato “Impatto dei colori nel marketing” scoprendo che, il 90% dell’opinione che ci facciamo di un brand, deriva proprio dal colore che lo definisce

È importante scegliere un colore che esalti la qualità del tuo brand avendo ben chiaro in mente sia le sensazioni che le persone associano a quel colore sia il contesto di mercato in cui ci si muove. Questo anche e soprattutto per un discorso di coerenza. 

Le caratteristiche dei colori nel marketing

Cerchiamo di capire insieme quale può essere il colore adatto al tuo brand attraverso delle linee guida

Il rosso: è il colore della passione, dell’amore ma anche del pericolo. Un colore deciso che richiama a sensazioni contrastanti spesso scelto per le call to action o per mettere in evidenza alcuni elementi. Nato per distinguersi

Il blu: dalla gradazione più profonda e scura fino a quella più chiara e delicata dell’azzurro rappresenta la calma e la fiducia, uno dei colori più amati e di frequente scelto dalle aziende che trattano di tecnologia. Vedi Intel, Ibm, Samsung ma anche profili professionali come Linkedin e non solo.  

Il giallo: ricorda il sole, lo splendore della luce e proprio per questo trasmette ottimismo, energia e dinamicità. 

Il verde: colore della natura questo è chiaro ma spesso usato in ufficio o nei luoghi di lavoro in generale perché stimola la concentrazione. I brand che solitamente preferiscono questo colore sono eco-friendly.  

L’arancione: è un colore molto positivo ma meno aggressivo del rosso. Richiama l’attenzione e stimola l’entusiasmo e la positività. Molto usato per esaltare elementi grafici e per rivolgersi ai giovani. 

Il nero: colore elegante e serioso esprime concretezza e qualità. Usato principalmente dai brand di lusso come Chanel, Louis Vuitton ma anche Zara, adidas, ecc. 

Marketing multicolore

Se pensi a Google o eBay, infine, noterai subito che non puntano solo su un colore ma su un mix di essi. Sempre più brand ultimamente fanno una scelta multicolor per il loro visual e questo per un discorso di informalità e di apertura portando avanti un discorso etico oltre che estetico

Se stai strutturando il tuo brand ricorda che il colore perfetto non esiste ma ci si può avvicinare ad esso con la scelta di due o massimo tre colori. Come usarli? 

1. sfondo

2. struttura del sito

3. elementi di accento.

I colori sono importanti, usali con intelligenza. E il tuo business di che colore è? Raccontacelo nei commenti e se ti va continua a seguirci per altre informazioni legate al marketing e non solo. 

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Tiziana Troisi 01/07/2021

Mission e vision, le basi del marketing

Immagina di essere ad un appuntamento galante: vorresti sapere tutto della persona che hai davanti. Come vive, cosa pensa, quali sono i suoi progetti futuri, i suoi valori. Vorresti farle tantissime domande, per capire se la vostra visione delle cose coincide almeno un po’. Ma come fare? Per non risultare troppo invadenti, queste domande non vanno poste mai in maniera diretta: meglio rompere il ghiaccio parlando prima del più e del meno, giusto?

Questo discorso non si può di certo fare quando si tratta di un’azienda: quando il cliente acquista da un nuovo brand, la prima cosa che fa è cercare informazioni sull’azienda. I clienti di oggi sono smart e vogliono assolutamente sapere con chi hanno a che fare, prima di un acquisto.

A differenza della situazione descritta sopra, quello tra un’azienda e un cliente non è mai uno scambio equo: non esiste botta e risposta, né seconde possibilità. È meglio sapere tutto, e subito.

Ci sono tanti modi, oggi, per conoscere un’azienda: si possono monitorare i post sui social, si possono fare ricerche in rete per pareri e recensioni sui prodotti. Se invece non hai tanta voglia di fare ricerche, c’è qualcosa di molto più veloce a cui dare uno sguardo per capire se il brand che stai per comprare è davvero adatto a te e rispecchia il tuo modo di pensare.

Ogni azienda che voglia davvero voglia di farsi conoscere e di sfondare nel proprio campo, deve avere chiare diverse cose:

  1. il mercato in cui si inserisce
  2. il motivo per cui è nata
  3. gli obbiettivi che si prefigge (sia a medio che a lungo termine)

Questi tre aspetti, vanno prima di tutto chiariti all’interno dell’azienda, ma poi vanno resi semplici e chiari per farli comprendere anche al cliente che non conosce il brand.

Mission: capire chi sono i brand attraverso valori condivisi

Come fa un’azienda a rendere chiaro il suo insieme di valori a tutti quelli che la incontrano per la prima volta? Semplice: scrivendo una mission e una vision chiare e coincise.

Se è la prima volta che ti approcci al mondo del marketing, questi termini per te saranno nuovi. Mission e vision sono le due dichiarazioni che ogni azienda deve fare per confermare la sua presenza sul mercato a clienti e competitors.

Analizziamole meglio insieme:

Nella mission l’azienda si presenta al pubblico, come in una conferenza stampa. Deve chiarire , attraverso una breve dichiarazione, di solito pubblicata nella sezione informativa del proprio sito:

  • Chi è
  • Quando e nata
  • Cosa offre
  • Perché lo offre
  • Cosa la rende diversa dai competitor

Qual è il suo obbiettivo più grande, ragionando a lungo termine (per esempio quello di Disney è: rendere felici le persone.

La mission è da vedere come una vera e propria presentazione, una condivisione di valori che non solo aiuta la brand awareness, ma facilità anche la coesione e la condivisione e l’orgoglio di appartenenza propri dei lavoratori dell’azienda stessa: lavorare per un’azienda di cui si condividono i valori sarà sempre più stimolante e appagante.

Vision: e tu, cosa vuoi fare da grande?

Passiamo adesso alla Vision: la parte più importante delle dichiarazioni aziendali. La vision equivale,di fatto, ad una vera e propria dichiarazione d’intenti: in  quelle poche righe l’azienda deve dichiarare quali sono gli obbiettivi futuri che si prefigge, ma quelle, non devono essere parole buttate al vento: la vision, cosi come la mission, deve essere: chiara, realistica e condivisa.

Ogni azienda deve rendere chiari a sé stessa e ai propri clienti:

L’ambiente in cui opera

Gli obbiettivi futuri

Lo scenario in cui spera di operare in futuro.

Il secondo punto, quello riguardante gli obbiettivi, è forse il più importante in ogni Vision: una vision che sia concreta e chiara deve aver al suo interno obbiettivi che siano realistici e concretamente realizzabili. Non solo: una vera vision deve chiarire entro quanto tempo l’azienda vuole raggiungere quell’obbiettivo.

Insomma, in un mondo fatto di sogni e speranze verso un futuro quanto mai incerto, per i brand, la parola chiave è concretezza. Non solo: ogni brand deve rendere chiaro come vede la sua azienda tra qualche anno, come vuole che il brand cresca e si evolva.

Hai presente quando appena finito un colloquio ti chiedono “chi sei ora? Come ti vedi tra 10 anni? Ecco: tu non lo sai, ma quella è una domanda fondamentale.  Quindi, fa come i brand: rendi chiara mission e vision, e la vita sarà più facile.

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Gabriella Avallone 23/06/2021

L’effetto Priming

Iniziamo spiegando che cos’è l’effetto priming:

 

Parliamo di effetto priming per indicare un effetto psicologico che si ha quando l’esposizione ad un determinato stimolo, definito per l’appunto “prime”, influenza la percezione di uno o più stimoli successivi.

 

Questo effetto è considerato un potente strumento di neuromarketing.

A nessuno piace pensare di non essere autonomi nelle scelte o di poter essere condizionati, ma chi può dire che un negozio non abbia potuto aumentare le vendite in shop grazie all’utilizzo della fragranza di Vaniglia, oppure grazie alla scelta di una musica piacevole di sottofondo che possa far restare i clienti più a lungo nel negozio. Nessuno ricorda di aver sentito questi stimoli, eppure tutti ne siamo stati inconsapevolmente vittime.

 

Ma facciamo un esempio

Può capitare di ricevere un primo stimolo che definiremo “A” e successivamente un secondo stimolo “B”, la reazione a questo ultimo stimolo sarà condizionata da “A”.

Sarebbe stato diverso se fossimo stati raggiunti soltanto dallo stimolo “B”.

 

Immaginiamo di sentire un suono ed a seguito di questo dover descrivere delle immagini. La percezione del suono influenzerà la descrizione delle immagini.

Se “A” ascolta musica triste e “B” musica più allegra, a seguire, guardando della immagini correlate a quei suoni, “A” darà una descrizione negativa, mentre “B” darà una visione più positiva.

 

Queste reazioni a catena possono essere innescate a seguito di diverse tipologie di stimoli come: testi, immagini, colori, suoni e video.

Vediamo alcuni esempi di facili correlazioni:

 

 

 

 

Di sicuro non avrai impiegato molto tempo ad indicare la lettera mancante. Perché lo stimolo visivo ti ha indotto a capire di cose si stava parlando. Nonostante avessi a disposizione le medesime lettere, lo stimolo visivo ti ha subito indotto a pensare a parole diverse.

E non solo, quando l’attivazione è generata da uno stimolo esterno, porta ad uno stato di innesco o di preattivazione (Priming Condition) dei concetti ad essa correlati.

 

Il Prime non fa altro che attivare le informazioni già presenti nel magazzino della memoria a lungo termine rendendole più velocemente accessibili.

Immaginando il nostro cervello come una struttura a rete sarà più facile immaginare come funzionano le associazioni e le connessioni, dette sinapsi. Quando uno stimolo prime si verifica, da il via alla diffusione dell’attivazione che va ad interessare tutti i nodi correlati.

 

Come può essere l’effetto priming:

 

-       Priming Positivo e Negativo: quando lo stimolo velocizza l’elaborato dello stimolo target, come con la parola “fiore” si pensa subito al suo profumo, colore ecc.

-       Priming Visuo-Percettivo: si basa sulla forma dello stimolo, che rimanda a meccanismi inconsapevoli di memoria che tengono traccia delle percezioni passate.

-       Priming Semantico: si ha più velocità della risposta se gli stimoli sono correlati semanticamente.

-       Priming Ripetuto: con una maggiore frequenza di esposizione allo stesso stimolo, come un logo o la costruzione di un personaggio, alla fine si finisce con il preferirlo ad altri. Questo vale con la musica, con la pubblicità, con i packaging ecc.

-       Priming subliminale: può verificarsi quando il soggetto non riconosce il prime, perché gli stimoli vengono mostrati per un lasso di tempo così breve da non poter essere riconosciuti coscientemente. Come messaggi subliminali che possono influenzare i pensieri.

 

Studi sui messaggi subliminali come quelli nel 1957, condotti da Vance Packard, pubblicati in “I persuasori occulti”. Veniva riportato uno degli studi condotto in una sala cinematografica. Ad insaputa degli spettatori, tra i fotogrammi del film vennero inseriti messaggi come “Bevi Coca-Cola” o “Mangia Pop-Corn” per circa 0.3 millesimi di secondo con un intervallo di 5 minuti l’uno dall’altro, il tempo necessario per elaborare gli stimoli. I distributori fuori dalla sala riscontrarono un aumento significativo delle vendite quella sera.

 

Effetto priming nel marketing

L’effetto priming ampliamente utilizzato, soprattutto quando si parla di branding finalizzato alla costruzione della brand identity.

Se ti fermi a riflettere noterai che tutto quello che pensiamo dei brand è una percezione costruita nel tempo proprio sfruttando l’effetto priming. Un circolo virtuoso che stimoli che alimenta la percezione positiva del brand.

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