Il marketing e le sue regole: il successo di Unieuro
Come il post di una lavatrice ha conquistato il web con più di 30 mila like.
Paola Palmieri 22/01/2021 0
Chi fa marketing lo sa bene, ci sono delle regole da studiare e rispettare ma qualche volta anche da infrangere per emergere. Spesso vince chi è pragmatico, chi decide di buttarsi nella mischia e rischiare, puntare tutto su un progetto nuovo ed originale. Chi, in poche parole, decide e ha il coraggio di rompere il flusso della pubblicità tradizionale e vince contrariamente a tutto e a tutti.
Diverse le armi a disposizione per combattere ma bisogna affilarle bene: c’è chi cura nei minimi particolari la campagna (dall’immagine al copy), chi usa l’ironia prendendo in giro i competitor o addirittura scommette su di essi per far emergere il proprio valore intrinseco.
Campagna Unieuro: i punti di forza
Unieuro ha deciso così di rompere gli schemi svestendo i panni di una seriosa campagna aziendale che grida a sconti e promozioni incredibili. Tutto nasce dalla promozione di una lavatrice LG scontata al 54%, non ci sarebbe altro da aggiungere o forse poco altro come il più classico degli affrettati! o un'offerta che parla da sè e invece.
Il post
Se clicchi su altro le parole diventano protagoniste, usando uno slang comune e molte di più di quelle solitamente concesse al web, riescono a convincere e divertire. Se te lo fossi perso leggiamo insieme il post, scritto direttamente dal social media manager dell'azienda:
Oh, grazie che hai premuto ‘altro’. Davvero. Che poi altro che ‘altro’. Qui c’è tutto. Sì fra, sono io, il social media manager di Unieuro. Niente, ‘ste settimane non ci sono stato perché mi hanno mandato a un corso per imparare a fare i social fichi. Sì, dopo quella storia dell’offerta che si commenta da sola mi hanno detto che ne avevo bisogno, che mi vedevano un po’ provato e storie. Praticamente a ‘sto corso mi hanno spiegato come ci si comporta, come si fanno i post, come si commenta. Eh, sui commenti si sono soffermati parecchio.
Mi hanno fatto vedere le pagine giuste, i post fatti come si deve. Ho imparato molto, credo. In generale è stato carino. Magari a volte un po’ cringe, soprattutto quando mi dicevano ‘devi essere sintetico nei testi’ e io invece ero tipo ‘ma zio, sintetico cosa? Ma ti rendi conto il trauma che fino all’altro ieri la gente giocava con le figurine e ora deve scegliere quale lavatrice comprare? Un attimo sei lì convinto che i vestiti si lavino e stirino magicamente da soli e un attimo dopo stai confrontando prezzi e funzioni tra modelli in offerta. Finisce che tra un po’ ci ritroviamo alle riunioni di condominio a votare per non far giocare i ragazzini a pallone in cortile e tu mi dici sintetico?’ A parte che ‘sta lavatrice è una bomba e fa il suo anche col sintetico (markettata), ma questo è un altro discorso.
Vabbè, tornando a noi, che stavo dicendo? Ah, sì. Mi è servito di brutto quel corso, te lo consiglio. Metti che domani devi gestire la pagina di un brand di magliette fighissime che fa un tuo amico (che tra l’altro questa lavatrice laverebbe da paura; sì lo so, altra markettata), o metti che mi licenziano e cercano un altro social media coso… non si sa mai. Vabbè, stasera che mangi?. Si conclude così il post sulla pagina della ben nota catena di elettronica, scatenando una valanga di commenti.
Conclusioni
A suon di “fra” e “oh” ci ha fatto capire come fare marketing è molto di più. E dietro il social media manager di Unieuro c’è un’azienda francese la BCube fatta di uomini e donne al passo coi tempi.
Una strategia che si è distinta tra migliaia di messaggi sulle bacheche social e che, a distanza di giorni, ancora fa discutere.
Tu cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti e continua a seguire i prossimi appuntamenti di marketing e non solo per saperne di più su altre campagne marketing di successo. Al prossimo appuntamento!
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Tiziana Troisi 24/11/2021
Apple e privacy policy: ecco cosa è cambiato
Tutti odiamo le pubblicità sulle app o sui siti internet: sarà capitato sicuramente anche a te di essere interrotto nella navigazione da pubblicità più o meno invasive che ti costringono a interrompere la navigazione. Ormai anche i social, che dovrebbero essere quel luogo dove rilassarsi e staccare la spina, sono pieni di pubblicità.
Nel marketing però, non tutta la pubblicità viene per nuocere: è proprio la pubblicità che tanto odi che puoi usufruire dei servizi di un social network o di un qualsiasi sito a iscrizione gratuita. In realtà, in rete niente è davvero gratuito: mi dispiace distruggere la tua idea fiabesca di una rete aperta a tutti indistintamente, ma le cose non stanno esattamente cosi: se possiamo iscriverci a social network come facebook senza pagare, è proprio grazie alle pubblicità. Ti spiego meglio: tramite la registrazione ad un sito lo autorizziamo a diffondere ad aziende partner i nostri dati anagrafici. Attraverso questi dati le aziende possono tracciare e diffondere pubblicità create apposta per noi, utenti di quel social network.
Lo sappiamo, questa cosa ti da un po’ di noia: vorresti poter decidere quali tipo di dati trasmettere a tutte le app che utilizzi, in modo da controllare meglio la diffusione dei dati sensibili che ti riguardano e di conseguenza la tua privacy.
A proteggere i tuoi dati ci ha pensato Apple: con il nuovo protocollo privacy, l’azienda della mela permette ai suoi utenti di scegliere quale tipo di dati trasmettere a tutte le app utilizzate dallo smartphone.
Il nuovo protocollo privacy di Apple sembra voler premiare la fedeltà dei propri clienti, regalando loro la possibilità di scegliere come e quanto proteggersi. Questa scelta di proteggere la privacy dei propri clienti ha avuto però ripercussioni abbastanza gravi sugli accordi economici che l’azienda ha stretto in questi anni.
Apple e privacy policy: a cosa serve raccogliere dati?
Cosa è successo? Te lo spieghiamo subito: come abbiamo detto, la possibilità di scegliere quali dati trasmettere più nel dettaglio, limita di fatto la possibilità che le aziende hanno di creare nuovi lead, cioè legami con potenziali clienti.
Scendendo più nel dettaglio, ecco come funziona: tutte le aziende raccolgono in un database i dati di chi utilizzando le app partner acconsente alla trasmissione dei dati. Studiando quei dati, il team marketing seleziona secondo determinate caratteristiche demografiche il target di riferimento per il proprio prodotto e crea una pubblicità ad hoc per quel target. Quella pubblicità sarà poi mostrata sulle pagine social della persona target. Con procedimenti di questo tipo, basati di fatto, su dati reali acquisiti da database, le possibilità che l’azienda riesca a creare in questo modo legami che potranno poi trasformarsi in vere e proprie conversioni è piuttosto alta.
Va da sé che, nel momento in cui qualcuno decide di non lasciare che i propri dati vengano trasmessi, l’azienda partner di quel sito o di quella app perde una possibilità di legame, quindi, un potenziale cliente.
La scelta di Tim Cooks si è quindi rivelata sfavorevole per molte aziende partner che stanno subendo una perdita importante nei ricavi ottenuti da campagne marketing.
I social in perdita
Secondo gli ultimi dati registrati da Lotame, i social network più utilizzato a livello globale hanno registrato, grazie a questa inversione di rotta dal punto di vista della profilazione, perdite abbastanza importanti. Per fare un esempio, prendiamo i dati riguardanti Snapchat, il social dei minivideo antenato del più famoso Tik Tok. Da dicembre 2021 ad aprile 2021 il social ha registrato una perdita dei ricavi pari quasi al 12%
Più o meno la stessa cosa è capitata anche a Facebook e Instagram, i capisaldi del nuovo Metaverso fondato da Mark Zuckemberg: perdite di uguale entità possono però avere effetti diversi su aziende diverse. Mentre il Metaverso non sembra aver subito gravi conseguenze, riuscendo comunque a chiudere il proprio bilancio con un bel margine positivo, altri social si sono ritrovati braccati dalla chiusura attuata dagli utenti della mela, tanto da ripensare i propri investimenti, lasciando meno margine ai social network.
Questa scelta dettata forse dal politically correct rischia quindi di trasformare Apple in una realtà ancora più elitaria. I social ci penseranno bene prima di decidere di collaborare ancora con loro e con i loro utenti. Per capire quali ripercussioni a lungo termine non ci resta che aspettare i dati del prossimo anno. E voi, cosa ne pensate della scelta di Apple?
Gabriella Avallone 19/08/2020
I 5 trend più seguiti del web 2020
Il 2020 ha portato nel web una ventata di innovazione grazie ai nuovi strumenti da poter utilizzare sui social per portare traffico al sito ed incrementare il sell out.
Se sei curioso di scoprire quali sono dai un’occhiata ai più importanti web marketing trends del 2020:
1) Shoppable post: questo strumento si riferisce al social commerce, nello specifico all’acquisto di prodotti direttamente dai post pubblicati sul profilo Instagram. Vi sarà capitato sicuramente di frequente di osservare una capo di vostro gradimento tra la Home di Instagram e faticato per cercare nella bio della pagina o su internet il sito ufficiale che ne mostrasse info e prezzi. Lo shoppable post ha reso possibile scoprire queste informazioni collegando la foto del prodotto in questione direttamente con la sua scheda dal sito web ufficiale.
Questo strumento di checkout non è propriamente una novità, infatti era già presente sull’app dal 2019 ma proprio nel 2020 ha raggiunto più seguito e interazione anche per via del lockdown, infatti il 54% delle persone presenti su Instagram cerca prodotti da acquistare.
Quale può essere il modo migliore di incrementare le vendite se non quello di agevolare l’user experience? Vendere direttamente dai social si è dimostrato uno strumento vincente che non permette ai clienti di abbandonare il carrello a che li guida verso un processo di vendita diretto.
2) La tecnologia AR e VR: stiamo parlando della realtà aumentata, diventata una delle principali tendenze in campo di web marketing. L’AR è arrivata a superare la VR ed è diventata molto popolare proprio negli ultimi anni ed in particolare nel 2020. La realtà aumentata è uno strumento di cui usufruiscono grandi imprese e franchising, come ad esempio il colosso svedese IKEA. IKEA ha reso possibile attraverso l’AR capire come starebbe un mobile nel proprio salotto prima ancora di entrare in negozio.
3) I messaggi in DM: il modo più veloce di instaurare rapporti con possibili clienti, non solo per scopi informativi ma anche di assistenza e guida alle vendite. Il tutto al fine di migliorare il rapporto tra l’azienda ed il cliente, rendendo lo scambio di informazioni ancora più diretto e veloce.
Nei canali di vendita il direct message è diventato uno dei trend più benvoluti in digital marketing. I messaggi diretti diventano importanti per tutti i social come anche Facebook, Twitter e Viber per il loro modo di rendere lo scambio di informazioni più veloce rispetto all’assistenza telefonica, che toglie tempo agli stessi operatori.
4) Contenuti interattivi: il fatto di poter partecipare ad un sondaggio, di scoprire i risultati di un quiz o del dire la propria opinione come se la produzione potesse cambiare in base ai gusti di un singolo utente, sono aneddoti che le persone adorano. Creare contenuti interattivi non è solo più creativo ma riscontra successo come dimostrano gli studi infatti la maggior parte degli utenti non solo lo adora ma rimane più tempo sulla pagina in questione. Un altro aspetto importantissimo è la condivisione: più il contenuto piace e più verrà condiviso contribuendo ad aumentare la brand awareness del sito in questione.
5) Contenuti originali e pubblicità avvincente: se ci hai fatto caso le campagne pubblicitarie del 2020 sono state spinte in maniera differente rispetto agli scorsi anni. Ora che gli standard di vendite online sono così tanto alti, bisogna sapersi distinguere non solo per i prodotti o servizi offerti ma anche per originalità. Le persone cercano post e contenuti di qualità, le persone diventano più acculturate in materia e pretendono prima dell’acquisto un servizio di pubblicità personalizzato. A tal motivo le campagne social cercano di rispondere a tutte le ipotetiche domande di un utente e di essere avvincenti dal punto di vista visual e grafico.
Per non parlare delle e-mail personalizzate, un ottimo esempio di come si possa con poco creare una customer experince unica. Più dell’80% delle persone hanno dichiarato di avere maggiori possibilità di chiudere una compravendita dopo un’esperienza di pubblicità personalizzata.
Tiziana Troisi 19/04/2022
Prosumer: chi è e cosa fa
Sai che cos’è un neologismo? È una parola creata sul momento da qualcuno per definire al meglio un concetto difficile da definire con espressioni già conosciute. Capita che siano inventati neologismi pieni di fantasia, come il petaloso di qualche anno fa.
Capita ancora più spesso che i neologismi vengano utilizzati per creare definizioni specifiche per determinate discipline. La disciplina che più si serve dei neologismi è, manco a dirlo, il marketing. Si tratta di un campo di studio grandissimo e in continua espansione.
Ecco perché, più di tutte le altre discipline, il marketing è un coacervo di molte nuove parole. In questo articolo parleremo in particolare di uno di quei neologismi: la parola prosumer.
Prosumer: il cliente ora è attivo
Questo termine, che avrai sicuramente letto da qualche parte in rete, è l’unione di due parole: consumer e producer.
Questo termine cerca quindi di racchiudere e descrivere in sé una figura precisa: quella del consumatore che non è più passivo, ma parte attiva nel processo di vendita.
Se prima dell’avvento della rete il consumatore era un semplice acquirente, oggi non è più così. Oggi, infatti, sono le stesse aziende a chiedere l’intervento diretto dei consumatori in quello che è il processo produttivo aziendale.
Il prosumer è, quindi, una figura ibrida che non solo consuma un contenuto, ma lo produce egli stesso. Come per tutte le cose, anche per questa figura non esiste un solo modo di agire. Si può essere prosumer in tanti modi e per tanti campi diversi.
È prosumer l’utente che non subisce più passivamente i social ma crea contenuti da divulgare ad un pubblico, sono prosumer i book blogger che leggono un libro poi lo recensiscono sui loro canali.
Insomma, i prosumer sono tutti quei consumatori che non restano passivi ad usufruire di contenuti a loro disposizione ma diventano loro stessi parte integrante di una community attiva.
La nascita dei prosumer ha dato alle aziende nuove possibilità di confronto diretto e successiva validazione del suo operato. Sono proprio i prosumer, spesso, a fare da collante tra il pubblico acquirente e l’azienda.
Che cosa fanno i prosumer?
Di seguito ti presentiamo i diversi ruoli dei prosumer:
- Producer: parliamo in questo caso di un consumatore che inizia a produrre autonomamente contenuti, che siano essi divulgativi o di altro genere. Come abbiamo già detto questo tipo di prosumer cambia ruolo passando da quello di consumatore a quello di creatore di contenuti.
- Fixer: è quel consumatore che insieme alla propria community si impegna per migliorare e modificare l’esperienza d’uso del prodotto. Sono questi i pareri più importanti da ascoltare quando un’azienda decide di avviare operazioni di riposizionamento per il proprio brand.
- Sharer: questo prosumer è quello che sostituisce, di fatto, il passaparola del marketing analogico. Lo sharer esprime e diffonde opinioni sui social consigliando (o meno) un determinato prodotto. È proprio attraverso questo passaparola che un brand riesce a raggiungere la fetta di pubblico più difficile da raggiungere. È importante quindi provare a creare legami che siano duraturi e fruttuosi per tutte le parti in causa.
- Tester: è forse l’anello più importante della catena che collega produttori e consumatori. Si tratta di quella persona (o più persone) che ha il compito di provare i prodotti in anteprima e dare all’azienda produttrice i feedback che occorrono.
È l’azienda stessa che sceglie i suoi beta tester, selezionando tra i suoi consumatori abituali i clienti che più possono rispecchiare il loro target di riferimento: clienti speciali a cui offrire sconti e promozioni esclusive.
Come nasce la figura del Prosumer
Sembra una cosa abbastanza recente ma non lo è affatto: la figura del prosumer, infatti, è nata piano piano, con l’evolversi del rapporto tra aziende e consumatori. I primi a cambiare i pesi e i ruoli di questo rapporto sono stati sicuramente gli e-commerce.
Chi acquista online può notare da subito come il rapporto con le aziende diventa decisamente più diretto. L’azienda cerca infatti di coinvolgere in ogni modo i propri clienti. La trattativa tra il consumatore e il venditore diventa quasi uno scambio tra pari.
Ed è proprio da questi scambi che è nata la figura del prosumer. Ci si è accorti in questo modo di quanto la figura del consumatore possa essere centrale anche nei momenti precedenti alla fase di lancio.
E tu, curi abbastanza i rapporti con i consumatori? Diccelo nei commenti.