L’importanza del tone of voice nel marketing
Cos’è e perché è importante
Tiziana Troisi 29/04/2022 0
La lingua italiana è una delle più articolate al mondo: per esprimere un concetto ci sono mille parole diverse. Inoltre, a cambiare il significato di una frase contribuisce in maniera fondamentale anche il tono di voce. Se si è arrabbiati si pronuncia una frase in un modo, se non lo si è il tono diventa sicuramente diverso.
Il cambio di tono aiuta, inoltre, a destreggiarsi attraverso i contesti più disparati. Per esempio, parleresti allo stesso modo ad un bambino e ad un adulto? La risposta è probabilmente no!
Proprio questo è il motivo per cui il tono di voce è fondamentale non solo nella vita di tutti i giorni, ma anche per sviluppare un’adeguata strategia di comunicazione. Questo aspetto del linguaggio diventa fondamentale per il settore del marketing. Approfondiamo insieme come.
Tone of voice: che cos’è
Ad essere particolarmente importante per il successo di un brand non è solo il contenuto che veicola ma anche il come. Il tone of voice diviene protagonista. Non sai cos’è? Te lo spieghiamo subito: il tone of voice è il registro utilizzato dal brand per parlare al suo pubblico.
È il modo con cui l’azienda si rivolge al suo target, ma non solo: esprime i valori di cui il brand stesso si fa promotore. Aiuta a conoscere meglio un’azienda, a raccontare una storia, a creare un’identità che sia riconoscibile nel tempo.
Nel marketing, per riuscire ad avvicinarsi a nuovi clienti, è fondamentale sapersi raccontare bene e, soprattutto, saperlo fare in maniera accattivante. La nuova generazione di clienti non vuole solo comprare un prodotto: i nuovi clienti vogliono ascoltare la storia di come sia nato quel prodotto, vogliono creare un legame forte con il brand.
Dopo aver chiarito il concetto, possiamo analizzare nel dettaglio quali sono i processi che portano a questa scelta e il modo in cui questa influenza in tutto l’immagine del brand.
Tone of voice e brand persona: che lingua parlano i brand?
Come si sceglie il giusto tone of voice? Ti sveliamo un segreto: quella che sembra una scelta attiva non lo è mai. Sono sempre i clienti a decidere, indirettamente, la lingua che un brand dovrà parlare.
Ogni azienda, infatti, periodicamente, cerca di fare un’indagine sul suo pubblico. Per esempio, quando è il momento di lanciare un nuovo prodotto, si cerca di immaginare quali siano le caratteristiche del potenziale cliente che potrebbe voler acquistare il prodotto.
Si cerca di creare una vera e propria persona virtuale: la buyer persona è un vero e proprio individuo con credenze, desideri, paure e problemi. In base alle caratteristiche individuate nella buyer persona, ogni brand sceglie il linguaggio adatto per arrivare al suo cuore e conquistarne la fiducia.
Il tone of voice di un brand dipende dal target che il brand vuole conquistare. Vediamo insieme qualche esempio pratico per capire meglio.
Tone of voice: qualche esempio
Partiamo con un classico e prendiamo un brand come Mulino Bianco, il target è principalmente costituito da famiglie e da bambini: il tono di voce utilizzato sarà informale e rassicurante, ma sempre molto professionale.
Se, al contrario, si osserva la comunicazione di un brand come Cèrez, si nota subito un cambio di registro: il linguaggio scelto è originale, irriverente e a tratti dissacrante.
Ci sono brand che del loro tone of voice irriverente e in netto contrasto con il prodotto offerto hanno fatto un vero e proprio marchio di fabbrica.
C’è per esempio Taffo, un’agenzia funebre romana che con la sua ironia riesce a trattare temi importanti e a far sorridere milioni di follower sui social.
Un altro brand famoso per il suo tono particolarmente irriverente è sicuramente Durex, noto brand di profilattici che, attraverso una buona dose di ironia è riuscito a conquistare il cuore di milioni di giovani. Non solo, con questo modo di comunicare è efficace anche per educare, tra una battuta e l’altra, i giovani al sesso sicuro.
L’importanza della voce
Come individuare il giusto tone of voice? Non esiste una risposta giusta o sbagliata ma la necessità di definire in modo chiaro e inequivocabile l’identità della propria azienda. Il tone of voice, pertanto, è un elemento da tenere assolutamente in considerazione se si vuole creare un legame reale e duraturo con i propri clienti. Raccontarsi senza riserve premia sempre, e aiuta il brand a essere unico.
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Tiziana Troisi 20/05/2021
Gadget: perché regalarli funziona
Da uno a dieci, voi quanto siete contenti di ricevere un regalo? Ricevere un oggetto gratis è sempre motivo di gratificazione e gioia. Se poi si tratta di oggetti utili è ancora meglio. Proprio partendo dall’idea di gratificazione del cliente, sempre più brand adottano l’idea dei gadget aziendali.
Spediti con un tot di spesa da un e-commerce oppure contenuti nelle famose mistery box a sorpresa, i gadget e gli omaggi ricordano la potenza del concetto di dono, che nel mondo del marketing si rivela un concetto fondamentale: ricevere un regalo, per il ricevente, equivale alla creazione di un legame: quel regalo si trasformerà in uno scambio pregno poi di reciproche aspettative.
Chi regala, infatti, lo fa quasi sempre aspettandosi qualcosa in cambio: alla prossima occasione, chi riceve non potrà di certo farsi trovare a mani vuote.
Anche con il marketing funziona in questo modo: se l’azienda regala un gadget non lo fa certo per generosità. Di fatto, l’utilizzo di gadget aziendali è parte integrante della programmazione di un piano marketing annuale: la voce gadget deve essere inserita nel marketing mix, per capire come e quando utilizzare i gadget scelti.
Gadget: perché regalarli funziona
Per quale motivo le aziende puntano così tanto sui gadget aziendali? Vediamolo insieme
Senso di appartenenza
Ammettiamo: in questi tempi di continua separazione e distanza sentirsi parte di qualcosa, di una comunità, è quello che tutti vorrebbero. Ed è questo che di fatto i gadget regalano a chi li riceve: l’appartenenza alla community del brand, e soprattutto la condivisione dei valori che quel brand vuole esprimere.
Loyalty
Se volete che i vostri clienti rimangano fedeli alla vostra azienda il più possibile, fategli dei regali. Una chiavetta un calendario, un portachiavi. Cercate un oggetto che possa essere utile e allo stesso tempo personalizzabile senza troppa invadenza. In questo modo, chi lo riceverà, lo utilizzerà con frequenza, e non si ricorderà così difficilmente di voi.
Coltivare i rapporti con i manager
Se pensavate ai gadget aziendali come qualcosa di disponibile solo per i clienti, vi sbagliate di grosso: spesso, per mantenere buoni rapporti con aziende partner e fornitori, i gadget si regalano anche ai manager. Nel caso di regali a partner o personale aziendale, i gadget cambiano drasticamente. Per i regali ad impiegati e manager il budget aumenta: si può trattare di agende annuali da regalare agli impiegati, del classico cesto di cibo da regalare durante le festività o addirittura di un viaggio gratis, finanziato dagli sponsor. Un lavoratore coccolato sarà di certo più stimolato a fare meglio.
Creare engagement durante le fiere
In tempi molto lontani, quando era ancora possibile organizzarle, le fiere erano i momenti migliori per entrare in contatto con nuovi partner e potenziali clienti. A farla da padrone in queste occasione erano, manco a dirlo, i gadget. Spesso, gli stand offrivano ad ogni visitatore un piccolo gadget, con il quale chiedevano magari di scattarsi una foto da postare poi sui social, utilizzando un certo hashtag: un modo furbo e divertente per creare engagement sui social.
I gadget, poi, possono essere un fortissimo strumento di brand awareness. Vi spieghiamo perché: immaginate di vedere tra le mani di un vostro amico una bellissima powerbank: la prima domanda che farete sarà: dove l’hai presa? In quel momento il vostro amico vi dirà sicuramente il nome del brand che gliel’ha regalata, e voi, incuriositi, cercherete info in rete.
La brand awareness è proprio questo: dare la possibilità a più persone possibile di riconoscere e conoscere il marchio.
Realizzare gadget: consigli utili per non sbagliare
Come abbiamo dimostrato in questo articolo, investire sui gadget è fondamentale per far crescere il vostro brand e il vostro pubblico. Allo stesso modo però, risulta fondamentale fare scelte intelligenti. Prima di creare i vostri gadget, eccovi qualche consiglio utile per non sbagliare:
Scegliete sempre prodotti in linea con il vostro brand: se vi occupate di tecnologia, per esempio, non potete certo regalare ai clienti uno specchietto da borsetta. Il gadget deve essere un oggetto utile che sappia parlare di voi. Perché non una (sempre utilissima) chiavetta usb?
Non mostrate troppo il logo: è vero, i prodotti che regalate devono sponsorizzarvi, ma non deve mai essere troppo chiaro: niente loghi grandissimi in bella vista. Bastano anche le scelte cromatiche a ricordare un’azienda.
Se volete altri consigli su come viziare clienti e collaboratori, seguite blog di Marketing e non solo.
Tiziana Troisi 15/01/2021
Piano editoriale: come realizzare un piano di comunicazione per il web
Ormai lo sanno anche i muri: un brand competitivo non ha solo bisogno di un buon prodotto ma anche e soprattutto una buona comunicazione.
Quando pensiamo al marketing e più in generale alla pubblicità ci viene spesso in mente il prodotto finito: uno spot con un jingle che ci entra subito in testa, un post sui social che diventa subito virale.
Se stai leggendo questo articolo però, la domanda a cui cerchi una risposta è un’altra: cosa c’è dietro una buona campagna di comunicazione? Te lo spiego subito. Il lancio di una campagna di comunicazione è solo l’ultima fase di un processo molto lungo.
Piano di comunicazione: la fase strategica
Prima della fase cosiddetta operativa, che prevede la creazione e divulgazione dei contenuti, c’è sempre una fase strategica.
Si chiama fase strategica la fase in cui gli addetti ai lavori, i responsabili della comunicazione di un brand, raccolgono e analizzano i dati utili alla creazione di una buona brand image.
Un piano di comunicazione ben fatto dunque deve chiarire in modo efficace ed efficiente tutti i dettagli che aiutano nella redazione di una buona campagna.
Ecco cosa deve contenere:
- analisi swot (punti di forza e di debolezza del brand)
- analisi del posizionamento rispetto ai brand concorrenti
- analisi del pubblico
- segmentazione e selezione del target di riferimento
Prima di lanciare un prodotto infatti è necessario analizzare con obiettività il contesto commerciale in cui questo viene lanciato, cercando di puntare alla soddisfazione di un bisogno che altri brand hanno messo da parte.
Riconoscere i propri punti di debolezza può diventare un forte vantaggio: fare ironia nel modo giusto può aiutare a creare il giusto hype per diventare virali sui social.
Viralità a parte, c’è un’altra importantissima decisione da prendere: a chi vuoi rivolgerti? Come vedremo più avanti, decidere il target di riferimento è fondamentale per una buona comunicazione.
Capire a chi vuoi rivolgerti ti aiuterà a decidere come parlare al tuo pubblico e i luoghi (virtuali e non) in cui provare ad avviare una conversazione attiva riguardo al tuo prodotto.
Cosa intendo per conversazione? Lo spiego nel prossimo paragrafo.
Piano di comunicazione: cosa cambia con il web 3.0
Con l’avvento del web 3.0 e dei social network, in cui i consumatori sono diventati anche produttori di contenuti, è cambiato anche il modo di fare marketing.
Fino a qualche anno fa, la fase operativa di un piano di comunicazione era costituita prevalentemente da attività promozionali affidate alla televisione, agli store o ad eventi di promozione. Solo una piccola parte delle risorse veniva invece impiegata per realizzare attività di promozione sul web.
Oggi invece avere una buona presenza sul web è fondamentale. Una comunicazione online precisa e curata scatena un effetto di passaparola.
Una buona conversazione sul tuo prodotto in rete (post, tag, commenti, interazioni e recensioni positive) può essere il segreto per conquistare un pubblico fedele.
Ecco perché un buon piano di comunicazione deve prevedere la redazione di un dettagliato piano editoriale.
Che cos’è il piano editoriale? Si tratta di un vero e proprio programma di comunicazione dedicato esclusivamente ai contenuti.
Un piano editoriale ben fatto deve comprendere decisioni riguardo:
Il tipo di contenuti da veicolare (meme, video, post etc)
I canali più affini al tuo target di riferimento (se per esempio il tuo prodotto è più affine alla generazione Z è meglio utilizzare piattaforme giovani come Tik Tok o Twitch)
Core content: scegli le parole chiave con cui vuoi raccontato. Magari un brand mantra efficace, che può aiutarti ad essere identificato subito (come Think Different per apple)
Tone of voice e brand storytelling: come vuoi raccontare di te? Come vuoi raccontarlo? Vuoi sembrare amichevole e giocoso o preferisci mantenere un tono professionale ed istituzionale?
Eventuali collaborazioni di influencer marketing ( cerca di selezionare creator i cui contenuti siano affini al tuo storytelling)
Tempi e modi di rilascio dei contenuti: quanto vuoi pubblicare? A che ora?
Una volta prese queste decisioni il tuo piano editoriale sarà pronto e potrai redigere un calendario editoriale per distribuire al meglio i contenuti creati.
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Tiziana Troisi 04/03/2021
Il marketing emozionale, come puntare sui sentimenti
Il marketing emozionale è detto anche marketing esperienziale poiché l’obiettivo di questa strategia di vendita è quello di far vivere al cliente un’emozione unica, una vera e propria esperienza che colpisca il cuore del cliente e resti sedimentata tra i suoi ricordi.
Immaginario collettivo, l’emotività, l’irrazionalità sono questi i fattori su cui punta l’emotional marketing e a teorizzarlo per la prima volta fu Bernd H. Schmitt, professore della Columbia University.
Il professore lo descrisse come “un’esperienza memorabile che il cliente deve sperimentare, tale da superare le sue aspettative”. Una campagna di emotional marketing, dunque, anticipa i desideri inconsci del cliente e al contempo li soddisfa.
La potenza del contatto emotivo
Creare empatia e vicinanza col proprio cliente, se non un vero e proprio legame emotivo, è la modalità migliore per fare brand awareness. La vision diventa a questo punto fondamentale: i valori, gli ideali, le aspirazioni che sono alla base del mondo della marca dovranno trovare espressione nella campana pubblicitaria. Rendendo visibili e tangibili gli aspetti valoriali del marchio, il brand potrà parlare al cuore del possibile cliente e coinvolgerlo nel mondo ideale che il marchio ha costruito.
Le esperienze teorizzate da Schmitt
Nel 1999 Bernd H. Schmitt ha definito questa tipologia di marketing ed ha anche individuato 5 Strategic Esperential Modules (SEMs) che possono anche essere combinate tra loro per creare esperienza multisensoriali.
Secondo Bernd Schmitt, quindi, è possibile fare leva sugli aspetti irrazionali dell’acquisto per produrre esperienze irripetibili.
Per esempio, il cliente può assaggiare il prodotto, annusare profumi che evocano ricordi lontani, vedere un video emozionante, interagire col prodotto. L’obiettivo resta sempre uno: emozionare, coinvolgere, creare relazione. Lo storytelling in questo è fondamentale se si parla di conquiste e vittorie, di sacrifici e di obiettivi raggiunti, facendo parlare personaggi famosi e gente comune.
Ecco l’elenco delle 5 esperienze di Shmitt:
- SENSE experiences, esperienze che coinvolgono i sensi;
- FEEL experiences, esperienze che coinvolgono le emozioni;
- THINK experiences, esperienze che coinvolgono la mente in senso creativo e cognitivo;
- ACT experiences, esperienze legate all’aspetto fisico;
- RELATE experiences, esperienze basate sulla relazione.
Brand ed emozioni
Anche il claim può puntare tutto sulle emozioni, ne sono un esempio marchi come Mc Donald’s che ha associato le emozioni al proprio logo attraverso il claim come “I’m lovin’ it” o, come Coca Cola che ha scelto “Choose happyness”. Oppure Muller “Fate l’amore con il sapore”.
Quante volte abbiamo ricordato con gli amici quella vecchia pubblicità con un jingle davvero irresistibile? La pubblicità tormentone è l’esempio di una campagna pubblicitaria che coinvolge i sensi e, quindi, la parte irrazionale di noi.
Parlare al cuore del proprio cliente permette di stabilire una relazione emotiva ed una fidelizzazione possibilmente indissolubile. Talmente forte che il consumatore sarà più propenso a soprassedere sul prezzo e ai difetti del prodotto.
Come realizzare una campagna di Emotional Marketing
Il rapporto con il cliente deve essere bidirezionale, è questa la guida che ci deve servire da orientamento per costruire una campagna pubblicitaria basata sull’emotional marketing: non un cliente da convincere ma da coinvolgere.
Creare storie e personalizzare la comunicazione è un primo passo in questo senso, nel farlo diamo del che tu all’interlocutore e avviciniamoci al suo mondo toccando i tasti dei valori universali.
Il marchio diventerà così quasi invisibile rispetto al racconto, il protagonista è il messaggio che in questo caso è un sentimento: l’auto-realizzazione, la realizzazione di un desiderio, il bisogno di appartenenza etc.
Non a caso in questo tipo di video il logo appare solo alla fine come a firmare l’opera e a ricondurre i valori toccati e le emozioni sollecitate al suo mondo.
Sono sempre le parole e il contenuto i veri protagonisti di una strategia di marketing. Ancora una volta il content marketing domina la scena, con un dominio in particolare del video come formato.
Farlo bene significa affidarsi ad un esperto copy e ad un esperto marketer che possano individuare insieme il valore da trasmettere, l’emozione da suscitare e anche la storia da narrare.
La garanzia di successo è molto alta quando si parla di sentimenti come lo è anche l’insuccesso, l’epic fail può trasformarsi in una pietra tombale, perciò attenti, nessuna improvvisazione!